Win:Win: Meneghetti e la “mission possible” della solidarietà

Win:Win: un mondo di fatica, sudore, allenamenti, sacrifici, ma anche tanta soddisfazione, divertimento, gioia, esultanze, amicizie, passione e generosità. Ogni azienda partecipante vive la preparazione del torneo e le settimane in cui va in scena in maniera differente, ma tutte sono accomunate dallo stesso fortissimo affetto che le lega alla manifestazione benefica. Abbiamo intervistato Gianni Meneghetti, General Manager di Meneghetti S.p.A., una delle founders del torneo interaziendale più grande d’Italia.

Quando Fami vi ha coinvolti in questa iniziativa, qual è stato in particolare l’aspetto che vi ha spinti ad abbracciare questo progetto?
Conoscevo ed ammiravo Fami e tutte le aziende coinvolte in questo progetto, ma non conoscevo personalmente gli imprenditori, né tanto meno le loro idee ed aspirazioni. Mi sono ritrovato felicemente catapultato in un progetto non solo sportivo, ma anche imprenditoriale: un’idea che era nata inizialmente per creare momenti ludici in Fami e mirata alla soddisfazione dei loro dipendenti, si è aperta a tutte le aziende del circondario. Finché parlavamo con Fami, durante quella famosa cena di molti anni fa, ho riconosciuto la stessa strada verso il bene che in Meneghetti percorrevamo da tempo, ma in grande silenzio. Abbracciando questo progetto mi sono ritrovato a gridare a gran voce “si può fare del bene, facciamolo con tutta la forza che abbiamo!”. Per questo devo ringraziare la famiglia Milani.

Cosa si prova a vedere i propri dipendenti e le loro famiglie impegnati in questo torneo?
Tutti i nostri dipendenti e le loro famiglie sono straordinari, dopo aver affrontato giornate calde e di duro lavoro – ricordiamo che il torneo si svolge da metà giugno a metà luglio – sono pronti a tifare e scendere in campo con tutta la forza rimasta al termine di una giornata faticosissima. Spesso mi fermo in fabbrica a parlare con loro e mi fanno notare che aiutare il prossimo è vincere due volte, una per se stessi è una per gli altri. Questo mi riempie di gioia e mi fa venire voglia di abbracciarli tutti: questo è veramente lo spirito della “famiglia”.

Che cosa tiene uniti voi imprenditori? Cosa, di anno in anno, mantiene viva la voglia di organizzare il torneo?
Siamo imprenditori e l’aspetto primario è quello del miglioramento continuo, quello che cerchiamo nelle nostre aziende: ne realizziamo una e ne abbiamo altre dieci in cantiere! Così funziona per il torneo: pensare continuamente a come fare meglio per gli altri, a come creare entusiasmo, a come stupire nel fare del bene. Ci ritroviamo spesso per delle cene ed ogni volta che tocchiamo la maniglia per entrare nel ristorante ognuno di noi ha un’idea nuova da proporre, a volte anche molto fantasiosa: siamo fatti così, accomunati da una “mission possible”. Avanti tutta!

Ci può raccontare un ricordo legato al torneo al quale è particolarmente legato?
I ricordi sono molti ed intensi, mi piace pensare a coloro che giocano e a coloro che dedicano il tempo all’organizzazione per il buon risultato del torneo. Due gli episodi che hanno toccato particolarmente il nostro percorso: il primo la finale del calcio a cinque in cui abbiamo rischiato di vincere contro Fami. Sì, dico rischiato, visto che Fami è ad oggi imbattuta… ce l’avevamo quasi fatta! Il secondo ricordo è quello che porto nel cuore. Avevo promesso per scherzo alle ragazze del beach volley che se avessero vinto avrei offerto a loro e agli allenatori un viaggio premio a Cuba. Cos’è successo? Abbiamo vinto il beach volley femminile e tutti stanno ancora aspettando il viaggio, anzi, me lo ricordano ogni anno, prima o dopo dovrò mantenere la scherzosa promessa!

Che clima si respira in azienda prima, durante e dopo il torneo?
Il clima è bellissimo, a volte quasi carbonaro, non si sa dove ci si alleni e chi siano i componenti della squadra, ma gli sguardi hanno sempre quel mezzo sorriso di coloro che anche questa volta stanno studiando nuove tattiche e nuovi inserimenti. Anche questa volta, non c’è dubbio, vinceremo il torneo!

Leave a Reply