Alessandro Ravagnin e Matteo Pagotto: dal professionismo al torneo Win:Win

Sta cominciando l’ultima settimana di sfide in casa Win:Win, ancora pochi giorni e sapremo chi alzerà le quattro coppe al cielo, una per ognuna delle quattro discipline in cui le aziende partecipanti si stanno dando battaglia in quest’edizione. Tra i moltissimi atleti-dipendenti che stanno dando il loro meglio in campo per portar alta la bandiera della loro squadra aziendale, ci sono due giocatori di volley professionisti, che quest’anno, grazie all’inserimento della disciplina volley maschile hanno potuto indossare la divisa e far vedere di che pasta sono fatti.

Parliamo di Alessandro Ravagnin e Matteo Pagotto, dipendenti Vimar, coach della squadra femminile e giocatori di quella maschile dell’azienda marosticense, che ci hanno raccontato com’è nato l’amore per la pallavolo e come sta crescendo quello per il Win:Win.

Innanzitutto raccontateci com’è nata la vostra passione per il volley.
Alessandro: Mia sorella giocava a pallavolo, è arrivata anche in Serie C. Ricordo che dai dieci anni ho iniziato a seguirla, andavo a vedere tutte le sue partite e alla fine mi sono appassionato. Dopo aver provato calcio e nuoto, a tredici anni ho cominciato con la pallavolo e non ho più smesso. Io sono originario di Mestre e ho avuto la fortuna di cominciare in una società che, a quel tempo, aveva la Serie A2, il Voltan Mestre. Avevano uno staff di altissimo livello e in quest’ambiente sono riuscito a crescere, ad appassionarmi e non mi sono più fermato. Ho girato anche altre società: il San Donà, il Favaro, poi sono stato a Castelfranco e girando vari ambienti sono riuscito ad arrivare a giocare in B1 per svariati anni. Quattro anni fa ho smesso perché è nato mio figlio, ma dopo due anni ho riiniziato, perché non riuscivo proprio a farne a meno. Lo spogliatoio, l’agonismo, la voglia di muoversi e di stare in compagnia, in uno sport come la pallavolo – molto pulito e sano – sono cose da cui è difficile staccarsi. Ora non resta che far appassionare i miei due figli: mi piacerebbe facessero sport, indipendentemente da quale, ma se fosse la pallavolo sarebbe il massimo!
Matteo: Io ho iniziato prestissimo, avevo cinque anni. Vengo da una famiglia di pallavolisti, da parte di mia mamma: mia zia, per esempio, è stata una brava giocatrice ed ora è allenatrice. Io ho fatto tutte le giovanili alla Sisley a Treviso, fino ai vent’anni. Poi ho cominciato a vagare un po’ per l’Italia, perché ho giocato in A2 per otto anni, dopodiché ho conosciuto mia moglie, che è di Rossano Veneto e mi sono trasferito qui. Io sono originario di Mogliano Veneto, lei l’ho conosciuta quando giocavo nel Bassano, che è stato moltissimi anni in Serie A. Mia moglie fa tutt’altro lavoro, è infermiera, ma fa parte della squadra femminile Vimar di volley, in quanto possono partecipare anche i familiari dei dipendenti. Il mio ultimo campionato l’ho giocato con Alessandro, quattro anni fa, qui a Bassano in Serie C e l’abbiamo vinto. Io ho due bambine, di due e quattro anni. La più grande fa ginnastica artistica, mi piacerebbe si avvicinasse alla pallavolo, ma mi basta che entrambe crescano appassionandosi ad uno sport.

Quando è iniziato il tuo coinvolgimento nel Win:Win?
Alessandro: Da oltre dieci anni lavoro in Vimar e tre anni fa mi hanno chiesto se fossi disponibile ad allenare la squadra di pallavolo femminile. Non avevano mai partecipato. Abbiamo messo su una squadra “alla buona” e siamo usciti ai quarti di finale. L’anno scorso è andata meglio: siamo arrivati in finale e siamo riusciti a vincere il torneo, grazie ad alcune ragazze che l’anno prima non avevano potuto giocare, perché erano neomamme. Così abbiamo messo su una squadra competitiva e, un po’ per fortuna un po’ per bravura, abbiamo vinto. Quest’anno, oltre a fare il coach per il terzo anno consecutivo, mi sono messo in gioco direttamente, nella squadra di pallavolo maschile. È sempre bello far tornei durante l’estate!
Matteo: Io ho giocato molti anni in Sardegna, dove mi sono laureato. Terminati gli studi sono tornato qui e ho iniziato a lavorare in Vimar. Questo tre anni fa. Nello stesso anno, sette mesi dopo il mio arrivo, hanno introdotto la pallavolo femminile nel torneo e a me ed Alessandro è stato chiesto, dato che sapevano del nostro passato nella pallavolo, se volessimo seguire, anche a livello di reclutamento, la squadra femminile. Quel primo anno ce la siamo cavata, ma la soddisfazione è arrivata l’anno scorso con la vittoria. Durante la passata edizione ho un po’ insistito con Luigi Scomazzon, affinché inserisse il volley maschile e quest’anno sono stato accontentato. Io d’estate faccio parecchi tornei: durante l’anno sono allenatore, lavoro con gli Under 16 maschile a Bessica, ma oltre che allenare mi piace anche giocare!

Voi due siete atleti professionisti, quindi avete un po’ il polso di quello che è il livello tecnico della competizione. Cosa potete dirci?
Alessandro: Devo dire che il livello è molto alto. Noi rischiamo di uscire: ci siamo trovati in un girone con altre due squadre fortissime e, non essendoci le “teste di serie”, molto probabilmente usciremo, sebbene il livello della nostra squadra sia molto alto. Non dico fossimo certi di andare avanti, ma ci credevamo. Aver trovato un livello così alto è stata una sorpresa, piacevole da un lato, ma dall’altro meno, considerato che rischiamo di uscire!
Matteo: Direi molto alto. La nostra squadra femminile probabilmente può andare avanti, quella maschile è a rischio eliminazione. Le due squadre più forti del torneo sono capitate nel nostro girone. La Mevis, quella che ci ha battuti, credo sia la candidata alla vittoria. Non mi aspettavo un livello così alto, loro hanno un ragazzo nel loro team che gioca a beach volley tutto l’anno – si allena a beach non a pallavolo – oltre ad altri ragazzi, ex pallavolisti, quindi non giocatori improvvisati. Non ho visto le squadre degli altri gironi, ma il livello è sicuramente molto buono, per un torneo interaziendale.

Qual è l’importanza, dal punto di vista aziendale, di partecipare ad un torneo come il Win:Win?
Alessandro: Sicuramente è un punto di aggregazione. Grazie al torneo interaziendale, dipendenti che in azienda non avrebbero nessun tipo di contatto professionale, possono condividere momenti divertenti, leggeri, in cui non ci sono gerarchie e ruoli. Passiamo otto ore al giorno chiusi in un ufficio e l’avere la possibilità di divertirsi assieme in spensieratezza credo sia positivo per i dipendenti e per tutto l’ambiente aziendale.
Matteo: Concordo con Alessandro, sicuramente quella di creare aggregazione, perché le partite, i dopo partita, le cene aiutano a conoscersi. Essere una squadra ti fa fare davvero gruppo, le posizioni all’interno dell’azienda vengono azzerate e questo permette di conoscersi bene, al di là del ruolo che si ha a lavoro.

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